domenica 12 febbraio 2012

Impianti trattamento rifiuti e polveri.


«Dai termovalorizzatori meno polveri di un camino»

Secondo uno studio del Politecnico di Milano «la concentrazione di polveri ultrafini nelle emissioni degli inceneritori di ultima generazione è inferiore rispetto a quella del fumo di un caminetto» ( Inclusi due filmati dell'Ing. Paolo Consonni dell'Istituto Milanese, dopo uno studio di oltre 2 anni sulle correlazioni tra le emissioni di questi impianti e la salute degli abitanti dello stesso territorio).
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Termovalorizzatore Tossilo Macomer
La concentrazione di polveri ultrafini nelle emissioni dei termovalorizzatori di ultima generazione è inferiore rispetto a quella che si riscontra nel fumo di un caminetto chiuso e in linea con quella dell'aria dell'ambiente circostante. È quanto emerge dallo studio condotto dal laboratorio Leap (Politecnico di Milano) e commissionato da Federambiente, i cui risultati sono stati presentati oggi a Milano. Lo studio, durato tre anni, ha per la prima volta misurato la concentrazione di polveri ultrafini delle emissioni prodotte da tre termovalorizzatori (Milano, Brescia, Bologna), mettendola a confronto con quella di altre sorgenti a combustione fissa, come una caldaia a pellet, una a gasolio, un caminetto chiuso, una caldaia a gas naturale.
In base alle misurazioni condotte dal gruppo di lavoro coordinato dai tre docenti del Politecnico di Milano Stefano Consonni, Stefano Cernuschi e Michele Giugliano, la concentrazione di particelle ultrafini nel fumo prodotto dal termovalorizzatori è in linea con quella dell'aria dell'ambiente, e in due casi su tre (Brescia e Milano) addirittura inferiore. In tutti e tre i casi le concentrazioni di particolato ultrafine del fumi dei termovalorizzatori, dotati di filtri a tessuto, sono inferiori, di almeno di due ordini grandezza, a quella dei fumi delle caldaie civili alimentate a gasolio e a pellet. Per esempio, il fumo prodotto dall'inceneritore Silla 2 di Milano ha una concentrazione di 11mila particelle al centimetro cubo, contro una concentrazione nell'aria di 14mila particelle al centimetro cubo. Le emissioni di una caldaia a pellet contengono 45 milioni di particelle ultrafini, quelle di un caminetto 51 milioni, quelle di un impianto a gasolio 1,3 milioni.
Per quanto riguarda la composizione chimica delle polveri prodotte dai termovalorizzatori, analizzata solo per l'impianto di Milano, lo studio condotto dal laboratorio Leap ha messo in evidenza come sia "coerente con le caratteristiche del combustibile e le modalità di combustione" e "risulti, rispetto all'aria dell'ambiente, più ricca nella componente metallica, mentre minore è il contenuto di componente carboniosa e di ammonio". "I termovalorizzatori vengono spesso considerati dannosi perché immettono nell'aria grandi quantità di polveri ultrafini, mentre dai nostri riscontri risulta che ne producono meno di altre attività di combustione" ha spiegato Stefano Consonni del Dipartimento Energia del Politecnico di Milano.
"Questo studio - ha aggiunto - ci consente di dire che, al momento, non ci sono elementi scientifici per escludere i termovalorizzatori come opzione per lo smaltimento dei rifiuti o la produzione di energia perché fonti particolarmente importanti di polveri ultrafini". "Si tratta di un primo tassello per cercare di capire gli effetti sulla salute di un'esposizione a questi fumi, ma stando a quello che sappiamo in questo momento non esistono rischi particolari attribuibili alle nanopolveri" ha concluso Consonni. (Ansa)


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