NEL NORD EUROPA SOLO IL 3% DEI RIFIUTI FINISCE IN DISCARICA, PERCHE’
RISPETTO A NOI IL SISTEMA INTEGRATO PREVEDE ANCHE I TERMOVALORIZZATORI
Le «miniere metropolitane» esistono:
sono le nostre 211 discariche
sono le nostre 211 discariche
Buttiamo milioni di tonnellate che
si potrebbero in gran parte riciclare. L'esempio del consorzio Conai.
Le «miniere metropolitane» non sono una
leggenda: esistono veramente e si trovano in Italia. Sono le discariche nelle
quali buttiamo milioni di tonnellate di materiali che non verranno mai
riutilizzati.
La definizione di «miniere metropolitane» per quanto riguarda le
discariche italiane è di Walter Facciotto, direttore generale del Conai
(Consorzio nazionale imballaggi).
DISCARICA - «La forma di smaltimento più comune nel nostro Paese è
la discarica. Dobbiamo prendere esempio dal Nord Europa che, con Svezia e Norvegia in
testa, ha percentuali di utilizzo delle discariche attorno al 3 per cento»,
spiega Facciotto. «O, almeno, dobbiamo arrivare a dimezzare il numero delle 211
discariche attuali e riciclare il materiale che oggi va perso». Per esempio nel
1998 gli imballaggi recuperati e riciclati erano uno su tre, mentre nel 2011 si
è arrivati a tre su quattro. In quindici anni di attività del Conai lo
smaltimento in discarica è calato del 60%. Il modello proposto dal consorzio,
dimostra che è possibile organizzare e ribaltare la situazione. Non solo il
sistema è virtuoso, ma nel 2011 il giro d’affari dell’indotto e dell’industria
del riciclo si è attestato sui 9,5 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi
relativi all’indotto Conai. Ha un obiettivo Facciotto: «Dobbiamo impegnarci a
raddoppiare la raccolta differenziata entro sette anni. Esiste la concreta
possibilità di riciclare tutto ciò che abbiamo utilizzato e reinserirlo nel
ciclo produttivo, invece buona parte di questo materiale viene avviato alla
morte, in discarica», dice mentre analizza i dati.
RIFIUTI - Sono circa 170
milioni le tonnellate di rifiuti totali prodotti, compresi quelli speciali. Dei
32,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti in Italia, la raccolta
differenziata arriva al 35,3% (cioè 11,45 milioni di tonnellate) secondo il
Rapporto rifiuti urbani Ispra 2012. «Il dato dei rifiuti urbani è complessivo,
non riguarda solo gli imballaggi ma anche i rifiuti ingombranti, i rifiuti
organici, le pile», spiega il direttore del Conai. «Dove finiscono quindi le
oltre 130 milioni tonnellate di rifiuti che non entrano nel circuito urbano? Ne
sappiamo poco, in generale finiscono ancora in discarica. Molti di questi
materiali potrebbero essere recuperati, grazie anche allo sviluppo tecnologico
che oggi consente di trattare meglio il materiale che fino a poco tempo fa non
era possibile riciclare», aggiunge. «Si pensi, ad esempio, al procedimento di
deinchiostrazione della carta, fino a qualche anno fa non realizzabile».
SMALTIMENTO - Secondo i dati
Ispra 2012 lo smaltimento in discarica interessa il 46% dei rifiuti urbani
prodotti. Per fare qualche esempio: la Lombardia smaltisce in discarica
rifiuti urbani pari all’8% del totale (ma circa 290 mila tonnellate di rifiuti
prodotti in questa regione sono smaltite in discariche fuori dal territorio),
mentre in Sicilia il 93% dei rifiuti prodotti prendono direttamente la via
della discarica. «Il riciclo degli
imballaggi è a ottimi livelli, ma sul recupero energetico siamo indietro perché
abbiamo pochi impianti di termovalorizzazione, e la gran parte è al Nord: da
Acerra in giù non ce ne sono più», indica Faciotto.
«Oltre 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prendono la strada della
discarica», dice Facciotto. «Se riuscissimo a mandare più materiali a riciclo,
diminuirebbe il ricorso alle discariche. Ma per salvare le miniere
metropolitane e recuperare il materiale che oggi viene sprecato ci viene in
aiuto il decreto legislativo n. 205 del 2010, che l’Italia ha recepito con la
direttiva 98/2008», spiega ancora Facciotto.
FUTURO - Secondo il decreto,
entro il 2020 il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti come carta, metalli,
plastica e vetro sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di
peso. In pratica il decreto istituisce «la società del riciclo» entro sette
anni. Così i Comuni, che ora hanno l’obbligo della raccolta ma non del riciclo,
dovranno organizzarsi per riciclare in proprio oppure aderire a consorzi come
Conai. «Se ora siamo al 35%, con regioni virtuose che raggiungono punte del
50%, dobbiamo puntare al raddoppio», dice infatti Facciotto, «per arrivare
all’obiettivo considerando un margine di scarto».
L'ESEMPIO - In quindici
anni il sistema di questo consorzio ha evitato emissioni di CO2 per 74 milioni
di tonnellate, evitato la costruzione di 506 discariche e l’invio a smaltimento
di 60,5 milioni di tonnellate di rifiuti. «In un Paese povero di materie prime
come l’Italia, raddoppiare la raccolta e il riciclo riducendo almeno della metà
le discariche italiane significherebbe ottenere benefici sia ambientali sia
economici», conclude Facciotto. «Che significa riduzione degli impatti
ambientali e recupero di materia da re-immettere nel ciclo produttivo, con
positive conseguenze di aumento degli investimenti e dell’occupazione. Attualmente la gestione dei rifiuti occupa 100 mila
addetti e il solo settore raccolta e riciclo degli imballaggi ne conta 36
mila».
Anna Tagliacarne
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