venerdì 21 settembre 2012


NEL NORD EUROPA SOLO IL 3% DEI RIFIUTI FINISCE IN DISCARICA, PERCHE’ RISPETTO A NOI IL SISTEMA INTEGRATO PREVEDE ANCHE I TERMOVALORIZZATORI
Le «miniere metropolitane» esistono:
sono le nostre 211 discariche
Buttiamo milioni di tonnellate che si potrebbero in gran parte riciclare. L'esempio del consorzio Conai.

Le «miniere metropolitane» non sono una leggenda: esistono veramente e si trovano in Italia. Sono le discariche nelle quali buttiamo milioni di tonnellate di materiali che non verranno mai riutilizzati.
La definizione di «miniere metropolitane» per quanto riguarda le discariche italiane è di Walter Facciotto, direttore generale del Conai (Consorzio nazionale imballaggi).
DISCARICA - «La forma di smaltimento più comune nel nostro Paese è la discarica. Dobbiamo prendere esempio dal Nord Europa che, con Svezia e Norvegia in testa, ha percentuali di utilizzo delle discariche attorno al 3 per cento», spiega Facciotto. «O, almeno, dobbiamo arrivare a dimezzare il numero delle 211 discariche attuali e riciclare il materiale che oggi va perso». Per esempio nel 1998 gli imballaggi recuperati e riciclati erano uno su tre, mentre nel 2011 si è arrivati a tre su quattro. In quindici anni di attività del Conai lo smaltimento in discarica è calato del 60%. Il modello proposto dal consorzio, dimostra che è possibile organizzare e ribaltare la situazione. Non solo il sistema è virtuoso, ma nel 2011 il giro d’affari dell’indotto e dell’industria del riciclo si è attestato sui 9,5 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi relativi all’indotto Conai. Ha un obiettivo Facciotto: «Dobbiamo impegnarci a raddoppiare la raccolta differenziata entro sette anni. Esiste la concreta possibilità di riciclare tutto ciò che abbiamo utilizzato e reinserirlo nel ciclo produttivo, invece buona parte di questo materiale viene avviato alla morte, in discarica», dice mentre analizza i dati.
RIFIUTI - Sono circa 170 milioni le tonnellate di rifiuti totali prodotti, compresi quelli speciali. Dei 32,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti in Italia, la raccolta differenziata arriva al 35,3% (cioè 11,45 milioni di tonnellate) secondo il Rapporto rifiuti urbani Ispra 2012. «Il dato dei rifiuti urbani è complessivo, non riguarda solo gli imballaggi ma anche i rifiuti ingombranti, i rifiuti organici, le pile», spiega il direttore del Conai. «Dove finiscono quindi le oltre 130 milioni tonnellate di rifiuti che non entrano nel circuito urbano? Ne sappiamo poco, in generale finiscono ancora in discarica. Molti di questi materiali potrebbero essere recuperati, grazie anche allo sviluppo tecnologico che oggi consente di trattare meglio il materiale che fino a poco tempo fa non era possibile riciclare», aggiunge. «Si pensi, ad esempio, al procedimento di deinchiostrazione della carta, fino a qualche anno fa non realizzabile».
SMALTIMENTO - Secondo i dati Ispra 2012 lo smaltimento in discarica interessa il 46% dei rifiuti urbani prodotti. Per fare qualche esempio: la Lombardia smaltisce in discarica rifiuti urbani pari all’8% del totale (ma circa 290 mila tonnellate di rifiuti prodotti in questa regione sono smaltite in discariche fuori dal territorio), mentre in Sicilia il 93% dei rifiuti prodotti prendono direttamente la via della discarica. «Il riciclo degli imballaggi è a ottimi livelli, ma sul recupero energetico siamo indietro perché abbiamo pochi impianti di termovalorizzazione, e la gran parte è al Nord: da Acerra in giù non ce ne sono più», indica Faciotto. «Oltre 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prendono la strada della discarica», dice Facciotto. «Se riuscissimo a mandare più materiali a riciclo, diminuirebbe il ricorso alle discariche. Ma per salvare le miniere metropolitane e recuperare il materiale che oggi viene sprecato ci viene in aiuto il decreto legislativo n. 205 del 2010, che l’Italia ha recepito con la direttiva 98/2008», spiega ancora Facciotto.
FUTURO - Secondo il decreto, entro il 2020 il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti come carta, metalli, plastica e vetro sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso. In pratica il decreto istituisce «la società del riciclo» entro sette anni. Così i Comuni, che ora hanno l’obbligo della raccolta ma non del riciclo, dovranno organizzarsi per riciclare in proprio oppure aderire a consorzi come Conai. «Se ora siamo al 35%, con regioni virtuose che raggiungono punte del 50%, dobbiamo puntare al raddoppio», dice infatti Facciotto, «per arrivare all’obiettivo considerando un margine di scarto».
L'ESEMPIO - In quindici anni il sistema di questo consorzio ha evitato emissioni di CO2 per 74 milioni di tonnellate, evitato la costruzione di 506 discariche e l’invio a smaltimento di 60,5 milioni di tonnellate di rifiuti. «In un Paese povero di materie prime come l’Italia, raddoppiare la raccolta e il riciclo riducendo almeno della metà le discariche italiane significherebbe ottenere benefici sia ambientali sia economici», conclude Facciotto. «Che significa riduzione degli impatti ambientali e recupero di materia da re-immettere nel ciclo produttivo, con positive conseguenze di aumento degli investimenti e dell’occupazione. Attualmente la gestione dei rifiuti occupa 100 mila addetti e il solo settore raccolta e riciclo degli imballaggi ne conta 36 mila».

Anna Tagliacarne

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