martedì 18 settembre 2012

Dai rifiuti nuovo lavoro, purchè ci sia la svolta.



Rifiuti. A Firenze il convegno mondiale

da Il Sole 24 Ore 17 settembre 2012.


Un problema ambientale gigantesco, ma anche una grande opportunità di sviluppo economico. L'Italia, che non affronta adeguatamente il primo, non riesce a sfruttare la seconda.
Lo smaltimento dei rifiuti, nel suo complesso (urbani, industriali, pericolosi), riguarda ogni anno 4 miliardi di tonnellate di materiali a livello mondiale, muove 400 miliardi di dollari di giro d'affari e dà lavoro a 40 milioni di persone. Nel nostro Paese, dove quasi il 50% degli scarti urbani finisce in discarica, di questo business arrivano solo le briciole.
«Le aziende municipalizzate, che vivono in sostanziale regime di monopolio, non hanno interesse a uscire dai confini locali e le imprese private, anche quelle di respiro nazionale come Hera, non sono sufficientemente attrezzate per affrontare il mercato internazionale», dice David Newman, eletto ieri presidente dell'Iswa (International solid waste association), l'associazione mondiale indipendente che raccoglie gli operatori nel comparto dei rifiuti solidi, il cui congresso è in corso a Firenze.
«In prospettiva, vedo un consolidamento del mercato italiano in questo campo - aggiunge Newman - e la spinta arriverà dalla crisi, anche se da parte dei politici non c'è ancora consapevolezza sulle opportunità che pure sono a portata di mano, riassumibili in questi dati: 10mila tonnellate di rifiuti messi in discarica creano un solo posto di lavoro, ma in caso di trattamento e riciclo i posti diventano dieci».
Anche se il numero delle discariche in Italia si sta riducendo (oggi quelle attive sono poco più di 200), rappresentano ancora la principale modalità di smaltimento (circa il 50%, pari a 15 milioni di tonnellate) dei rifiuti solidi urbani, e spesso non sono a norma per il mancato pre-trattamento. In alcune regioni (Molise, Basilicata) la percentuale raggiunge l'80%, addirittura il 93% in Sicilia (e solo il 28% viene regolarmente pre-trattato). «Sostituendo le discariche con pratiche virtuose di recupero, in Italia potrebbero nascere migliaia di posti di lavoro, per non parlare delle prospettive su scala mondiale», sottolinea il presidente dell'Iswa.
La produzione di rifiuti urbani ha ormai raggiunto a livello globale una cifra record compresa tra 1,6 e 2 miliardi di tonnellate. Ma, per effetto dell'aumento della popolazione e dell'innalzamento del reddito pro capite dei Paesi in via di sviluppo, si stima un ulteriore aumento del 44% di qui al 2025. Senza cambiare le attuali condizioni di smaltimento, questo comporterebbe un aumento dall'8 al 10% delle emissioni di gas serra, considerato che circa il 70% dei rifiuti urbani prodotti nel mondo finisce in discarica, mentre appena l'11% prende la strada del recupero energetico e il restante 19% viene riciclato o gestito con trattamenti meccanici e biologici, incluso il compostaggio.
Rischi per l'ambiente e per la salute. Basti dire che 3,5 miliardi di persone non hanno accesso ai più elementari servizi di gestione dei rifiuti, come la semplice raccolta e rimozione. «La Banca mondiale ha confermato a giugno scorso quello che la nostra associazione sostiene da anni - dice Newman - e cioè che i Paesi in via di sviluppo stanno vivendo una vera e propria emergenza: per questo l'Iswa metterà in campo tutti i suoi mezzi (tecnologici, scientifici e d'influenza politica) per far arrivare risorse adeguate in questa direzione». Una prospettiva di crescita sociale per le aree coinvolte, di business per chi ha servizi e tecnologie.


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