venerdì 15 giugno 2012

Vertenza contro lo stato.


Su Ottana: rivolta contro lo Stato. La mozione sulla sovranità guadagna territorio: l’Unione dei Comuni del Cedrino ha approvato. Con una postilla sulle indennità











16 GIUGNO 2012 
Ieri si è svolta ad Ottana l’assemblea sindacale. Buon numero di partecipanti, sciopero in vista, però non basta.

Dopo che si è dimostrato che tutto un sito industriale rischia di chiudere per le scelte di Terna, tecnicamente immotivate ma politicamente orientate a tutelare Enel e E.On, il lessico, il ritmo della protesta, le strategie non possono essere quelle ordinarie di uno sciopero contro qualcosa. Terna è lo Stato. Uno sciopero contro lo Stato è una vera e pacifica rivolta contro lo Stato. Forse non si è capito bene che sta succedendo. Lo voglio dire anche agli operai di Sarroch. Indorama ha fatto ripartire la chimica nel Centro-Sardegna. Attualmente Indorama importa il paraxilene per il 40% da Israele. Polimeri Europa stava per aumentare di quasi il doppio la produzione di paraxilene a Sarroch. L’aumento della produzione a Sarroch significa l’aumento della produzione a Ottana e tutto questo significa avere una possibilità concreta di riassorbire almeno una quota dei cassintegrati Legler (100 solo di Ottana in scadenza a dicembre) e di Lorica (30 persone circa). Non solo. Se si diventa credibili, cioè se le regole sono stabili, il territorio coeso e le relazioni sindacali positive, colossi come Indorama continua a credere nella Sardegna e in Ottana; se invece non si difendono con forza le proprie ragioni, una multinazionale come Indorama gira la faccia e va altrove.
Ecco, a me pare che non si stia capendo bene la posta in gioco. E soprattutto non si è capito che chi vuole chiudere Ottana è lo Stato. Contro lo Stato non scendono in piazza i sindacati. Contro lo Stato devono scendere Sindaci, Consiglio comunali, parlamentari, imprese, l’anemica Confindustria, tutti. Devono richiamare il serafico Presidente della Repubblica che venne in Sardegna e che disse, poverino, che non aveva colto la profondità della crisi sarda. Bene. E’ a questo garante del Governo che bisogna dire che il Governo sta garantendo i nemici della Sardegna. Napolitano è il garante di Monti. I sindaci, i sindacati, noi, i parlamentari devono contestare Napolitano, il garante della celebre unità del Paese e della Costituzione. Devono contestare il simbolo che garantisce il lobbismo di Stato. Solo portando il conflitto politico (pacifico e legale) a questo livello potremo salvare Ottana. Il tempo stringe: 30 giorni.
Ieri l’Unione dei Comuni della Valle del Cedrino ha approvato la mozione sulla sovranità già approvata dall’Unione dei Comuni del Marghine. Napolitano si scriva questo dato: un pezzo del territorio dello Stato italiano comincia a dire che la sovranità della Sardegna appartiene ai sardi. Lo dice pacificamente, ma io spero che lo dica anche alle prossime politiche. Dal Nuorese, finalmente, sta partendo la nuova piattaforma politica delle prossime competizioni elettorali.
Sulle indennità (grande falò dell’indignazione che oggi non fa arrivare in prima pagina la questione Ottana ma solo i conteggi sulla busta paga dei consiglieri regionali. Perché la logica di questi giorni è stata l’urgenza, l’immediatezza del commento, la contemporaneità, il tutto-subito, non certo il ragionamento per capire) comincia ad emergere la verità. Il taglio c’è: il primo comma è legato al secondo e l’importo è un massimale da cui deve partire l’Ufficio di Presidenza). Sul lordo è di circa 3000 euro e sul netto sarà di circa mille. Emerge che la sede competente, non prevista dalla legge approvata, è l’Ufficio di Presidenza. Tanto casino quasi per nulla (perché obiettivamente se ci fossimo spiegati meglio e subito tutto questo non sarebbe accaduto). E se così non fosse, se per caso gli uffici dovessero dire che occorre che questa interpretazione sia rafforzata da un comma aggiuntivo, sono pronto a rientrare in Aula. In questo quadro leggo che Efisio Arbau vuole il nome dei consiglieri regionali che hanno approvato la legge. Il mio c’è di certo, perché la legge riguardava tanti disperati (e alcuni sembra siano rimasti fuori) reclutati dalla Regione durante la Giunta Soru e destinati a essere licenziati. Inotre il mio nome c’è, perché in coscienza ho votato una norma che tagliava del 30% il lordo. Tutto qui. Se Arbau vuole un nome perché gli piace il ludibrio, usi il mio. Quando poi il taglio verrà realizzato, io non userò il suo, perché credo nella discussione, nella democrazia, nella politica. Non ho mai creduto nell’estetica dei linciaggi. Però io ieri ero a Ottana, lui no.

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