mercoledì 30 gennaio 2013


L’Italia come nell’Ottocento, confine di civiltà. Dopo le elezioni, il sistema dei partiti cambierà.
Bisogna fare il Partito dei Sardi











In Sardegna, l’imminenza delle elezioni e la necessità, riconosciuta da tutti di cambiare tutto, può determinare il realizzarsi delle condizioni migliori per la nascita, finalmente, di un partito della Sardegna, un Partito dei sardi, che abbia come fatto costitutivo la Sardegna e i suoi interessi
, da una parte, dall’altra l’ambizione, la cultura e il programma per governarla: un partito che nasce sulla responsabilità del governo della Sardegna, non sull’ambizione della rappresentazione simbolica del suo status.  Un partito del governo della Sardegna, non della rappresentazione della Sardegna, o della sua nostalgia, o del suo movimento, o della sua rivoluzione ecc. ecc. Gli italiani lo definirebbero con gli aggettivi di cui dispongono, e cioè: progressista, riformista, territoriale, laico, concreto, autonomista ecc. ecc.  Noi lo definiamo come sovranista, riformista, competente, europeista, solidarista, libertario. Il dato positivo è che i confini del Partito dei sardi sarebbero tali da includere esperienze riformiste oggi sparpagliate nei diversi partiti, escludendo da una parte le posizioni di mera rendita politica dei simboli dei partiti italiani e dall’altra gli estremismi e/o gli eversivismi di cui anche la Sardegna non manca. Tra gli estremismi c’è anche il berlusconismo, ma c’è anche il frazionismo e l’eversivismo latente di certo indipendentismo. Questo spazio politico va costruito da ora. Bisogna creare l’occasione di un incontro e di un confronto di verifica.

30 gennaio 2013
Paolo Maninchedda

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