Inceneritori?
Si dice che in Europa non si costruiscono più !!!
In
Danimarca, e precisamente a Copenaghen è in costruzione uno che sarà pronto nel
2016.
Impianto di Macomer |
Strada per l'impianto di Tossilo |
Rientrata dalla Cina, la Sirenetta è stata
ricollocata sullo scoglio a poche bracciate da un inceneritore che brucia i
rifiuti e li trasforma in aria calda per gli edifici vicini, con meraviglia dei
turisti che hanno ripreso a fotografare il simbolo di Copenaghen con lo sfondo
di quattro ciminiere.
Inquadratura sorprendente soprattutto per i turisti
italiani che arrivano in Danimarca lasciandosi alle spalle immagini devastate
di città come Napoli dove non si trova il modo di liberarsi della “monnezza”.
Si sa che il primo inceneritore costruito
da queste parti, nel Comune di Frederiksberg, risale al 1903 e che fu
realizzato volutamente all’interno del centro urbano, a due passi
dall’ospedale, proprio perché il calore recuperato dall’incenerimento fosse
distribuito ad abitazioni e servizi della comunità. O, almeno, lo sa quella
pattuglia di ingegneri, architetti e professori universitari che a fine giugno
si è presentata nella città più green d’Europa guidata da Paolo Buzzetti, il
presidente dell’Ance, l’associazione costruttori.
Una sorta di full immersion nel cuore
degli innovativi esperimenti di progettazione urbana sostenibile, nella
capitale di mostri sacri come Arne Jacobsen, il capofila del design danese
simboleggiato anche nelle linee delle sue famose sedie, o di Henning Larsen,
l’ideatore dell’avveniristica Copenaghen Opera House, o ancora di Bjarke
Ingels, il giovane genio noto soprattutto come “Big”, il fenomeno di complessi
residenziali mozzafiato come Mountain House o 8 House. Una montagna di 200
abitazioni impilate una sull’altra a forma di collina artificiale, il primo. Un
ottovolante da 10 mila metri quadrati che arriva a 10 piani degradando con
percorsi ciclabili per raggiungere uffici e loft, il secondo.
APPUNTAMENTO
AL 2016
Ed è sempre lui, il “Big” del Bjarke
Ingels Group, ad aver progettato l’ultimo gioiello, il nuovo termovalorizzatore
di Copenaghen che sarà pronto nel 2016, una vera e propria montagna, pensata
per nascondere l’inceneritore sotto un’attrazione turistica, in modo da avere,
al di sopra dei laboratori di trattamento dei rifiuti, un impianto di risalita-belvedere
con punti ristoro e addirittura una pista da sci al centro della città.
Sarà davvero tutta da fotografare questa
meraviglia della nuova Copenaghen che rivoluziona l’architettura delle tipiche
case con piccole finestre e tetti spioventi, proponendo una schiera di edifici
zeppi di terrazze e verande come succede pure sul rinato waterfront, il vecchio
porto dove fino a dieci anni fa abitavano solo turchi e pakistani poco
abbienti.
È il caso del complesso Sydhavn, ariosi
loft sui canali dove sfrecciano le canoe e la gente fa il bagno, vicini a un
altro inceneritore, indicato dall’architetto Claus Bjarrum, uno studio con 22
dipendenti, la veranda sul canale, quattro ciminiere sullo sfondo: «Non capisco
come si possa essere contrari all’inceneritore. Ha un grande impianto di
purificazione. Loro lavorano la nostra spazzatura, a noi ritorna aria calda,
con il teleriscaldamento. Io ci vivo di fronte. Clean, no smoke, pulito e
niente fumo». Il suo vicino di casa, Sjoerd Soeters, anch’egli architetto,
incalza: «Non esce fumo dalle ciminiere, perché viene ricanalizzato all’interno
dell’impianto...».
A lezione d’educazione civica
Informazioni registrate dalla pattuglia di
Buzzetti, da professori come Ranieri Valli, direttore di Master Housing Roma 3,
o da Giuseppe Nannerini, direttore di Edilstampa, tutti a colloquio con
l’ambasciatore italiano Carlo Tripepi che notava in loro la stessa sorpresa
manifestata dal senatore Gaetano Pecorella arrivato qui un mese fa alla guida
della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al
ciclo dei rifiuti. Altra full immersion destinata forse a incidere sulle future
scelte politiche in Italia.
Temi di dibattito per i costruttori
dell’Ance, impegnati da qualche tempo in approfondimenti fuori porta, come dice
il presidente dell’associazione a Catania, Andrea Vecchio, uno dei leader
dell’antiracket in Sicilia: «Abbiamo visto che molti inceneritori sono prodotti
da imprese italiane e dovremo riflettere su come farli pure a casa nostra. In
fondo, l’architettura è educazione civica».
Tema analizzato anche con uno degli
interlocutori della “missione”, Anna Maria Indrio, trapiantata qui da
trent’anni, architetto fra i più quotati della Danimarca, alla guida con sette
partner dello studio CF Møller, uno dei più grandi d’Europa, 330 collaboratori,
sei laboratori, progetti a Londra, Stoccolma, Oslo.
Parla del sistema virtuoso in un Paese in
cui la “monnezza” diventa energia, ma spiega ai suoi colleghi anche come si sia
ormai obbligati a costruire incrociando tutte le fonti, dal vento al sole,
senza sprecare risorse: «A cominciare dai sistemi di aerazione naturale. Fino a
quindici anni fa era un criterio di ragionevolezza. Adesso è una necessità.
Perché bisogna fare qualche piccolo sacrificio sentendo un po’ più di caldo e
un po’ più di freddo».
Ma, forse, dovendo tollerare i camini
sullo sfondo. Sempre alla ricerca di un complesso equilibrio fra architettura
ed ecologia. Anche inventandosi il modo di celare qualche bruttura. Magari
sotto uno skilift.
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