domenica 15 luglio 2012

In risposta a Gavino Guiso e alla sua battaglia.









Compatibilità tra l’Agroalimentare e gli altri settori dell’economia.
La regione che per eccellenza nel settore agroalimentare può definirsi la più virtuosa d’Italia, è capace di guardare avanti definendo “rivoluzionario”  il nuovo modo di intendere lo sviluppo.

 Domanda a Gavino Guiso: Perché in Emilia Romagna si e a Macomer no?
Alcune informazioni nel merito.

RAPPORTO 2012 GREEN ECONOMY (Agroalimentare e anche ciclo integrato dei rifiuti) IN EMILIA-ROMAGNA.
“Green economy, la rivoluzione verde è già iniziata”.  Iniziava così la mia prefazione al primo rapporto sulla diffusione dell’economia verde in Emilia-Romagna, nell’autunno 2010. Oggi possiamo affermare che non sia più una “rivoluzione” ma un nuovo modo di intendere lo sviluppo della nostra economia regionale.
La green economy è diventata infatti un punto di riferimento: è un modo di produrre che contraddistingue trasversalmente tutti i settori dell’economia come potete leggere diffusamente nel rapporto. Si va dall’agroalimentare, settore leader in regione per numero di imprese green, alla mobilità, all’edilizia, alle energie rinnovabili sino ad arrivare a settori tradizionalmente legati alla tutela ambientale come il ciclo dei rifiuti, la bonifica dei siti, la gestione del verde. Un quadro, quello che emerge dal rapporto prodotto da ERVET che dimostra come ci siano realtà che hanno saputo riposizionarsi, che hanno posto la ricerca di nuove tecnologie e prodotti al centro del proprio operare o che semplicemente hanno intercettato meglio e prima di altri la richiesta di una svolta green che veniva dai mercati.Un contesto, quello legato alle prospettive di un nuovo corso con al centro la green economy, su cui convergono i diversi soggetti chiamati nel rapporto a fornire la loro testimonianza, dando cosi una grande prova di coesione che diventa importante coltivare per rilanciare il sistema sociale ed economico della regione Emilia-Romagna.
E la strada ce la indica la stessa Commissione Europea che, per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, lo scorso febbraio ha adottato una apposita strategia per una bioeconomia sostenibile per l’Europa.La strategia prevede l’adozione di uno specifico Piano che si articola su tre assi principali:o Lo sviluppo di ricerca, Innovazione e competenze a supporto della Bio economiao Lo sviluppo ed il sostegno dei mercati e della competitività nei settori delle bioeconomia o un maggiore coordinamento delle politiche attraverso l’avvio di strumenti specifici (piattaforme, osservatori) e occasioni strutturate di confronto tra i diversi soggetti coinvolti.L’Emilia-Romagna sta camminando, anzi correndo, in questa direzione. Dal “Patto per la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva” sottoscritto a novembre 2011 sino alla programmazione di settore (dal Piano regionale triennale per l’Energia, sino al recente Programma delle Attività Produttive e della Ricerca 2012-2015), la green economy è un elemento portante delle nostre azioni, e fa parte di quel cambiamento culturale verso una nuova idea di benessere e di qualità della vita. Un cambiamento che costituisce ormai una condizione imprescindibile per ridare slancio alla nostra industria manifatturiera: innovazione ecologica, qualità ambientale, uso efficiente dell’energia e della materia. Un quadro, quello della regione Emilia-Romagna, che come vedremo nelle pagine del Rapporto, ha molteplici chiavi di lettura; il nostro territorio è pronto a sfruttare non solo le opportunità legate alle energie rinnovabili ma dimostra vivacità anche in settori tradizionali (filiera dell’abitare e agroalimentare) pronti a interpretare correttamente l’esigenza di uno sviluppo maggiormente coerente con la sobrietà dei consumi e con il principio della sostenibilità ambientale.
Rapporto 2012    La protezione ambientale (ciclo rifiuti ).
La gestione integrata dei rifiuti e del ciclo idrico in Regione In Emilia Romagna, nel 2010, la produzione totale di rifiuti urbani è stata di circa 3 milioni di tonnellate, corrispondente ad una quota annua pro capite di 698 Kg per abitante, in aumento del 2,4% rispetto al 2009. Il valore così elevato deriva dalla significativa incidenza della quota di rifiuti speciali assimilati agli urbani (che gravano per circa il 50% sulla produzione). Circa la metà della produzione dei rifiuti urbani (circa 1.500.000 tonnellate, corrispondenti al 50,4%) è stata raccolta in maniera differenziata, pur ravvisandosi una marcata eterogeneità tra le diverse realtà locali in termini di percentuali di “rifiuti differenziati”. Nel territorio regionale si raccoglie soprattutto carta e cartone (83 Kg/ab), verde (80 Kg/ab), umido (48 Kg/ab), vetro (32 Kg/ ab), legno (30 Kg/ab), e plastica (23 Kg/ab). In termini di frazioni merceologiche intercettate (percentuale di quanto raccolto in maniera differenziata rispetto alla quantità che si presume essere presente nel “rifiuto prodotto”) si rilevano i seguenti valori: verde e vetro 77%, legno 71%, umido 53%, metalli ferrosi e non 45%, carta e cartone 46%, plastica 25%. Quanto raccolto in maniera differenziata viene avviato agli oltre 200 impianti di recupero presenti sul territorio regionale per essere sottoposto a processi e immesso nuovamente nel ciclo produttivo. La restante parte dei rifiuti urbani, non raccolta in maniera differenziata (circa 1.500.000 tonnellate), trova collocazione in un articolato sistema di impianti costituito da: 10 impianti di trattamento meccanico-biologico, 8 inceneritori con recupero energetico (di cui uno per la combustione di CDR) e 15 discariche controllate.
Per una completa lettura del rapporto 2012 vi invito a visitare il link:
rio20.cursa.it/allegati/green-economy-er-2012_20120517-094618.pdf
Questi sono fatti non parole.    Saluti e buona domenica a tutti.

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