La regione che per eccellenza nel
settore agroalimentare può definirsi la più
virtuosa d’Italia, è capace di guardare avanti definendo “rivoluzionario” il nuovo modo di intendere lo sviluppo.
Domanda a Gavino Guiso: Perché in Emilia
Romagna si e a Macomer no?
Alcune informazioni nel merito.
RAPPORTO 2012 GREEN
ECONOMY (Agroalimentare e anche ciclo integrato dei
rifiuti) IN EMILIA-ROMAGNA.
“Green economy, la rivoluzione verde è già iniziata”. Iniziava così la mia prefazione al primo
rapporto sulla diffusione dell’economia verde in Emilia-Romagna, nell’autunno
2010. Oggi possiamo affermare che non sia più una
“rivoluzione” ma un nuovo modo di intendere lo sviluppo della nostra economia
regionale.
La green economy è diventata infatti un punto di riferimento:
è un modo di produrre che contraddistingue
trasversalmente tutti i settori dell’economia come potete leggere
diffusamente nel rapporto. Si va
dall’agroalimentare, settore leader in regione per numero di imprese green,
alla mobilità, all’edilizia, alle energie rinnovabili sino ad arrivare a
settori tradizionalmente legati alla tutela
ambientale come il ciclo dei rifiuti, la bonifica dei siti, la
gestione del verde. Un quadro, quello che emerge dal rapporto prodotto da ERVET
che dimostra come ci siano realtà che hanno saputo riposizionarsi, che hanno
posto la ricerca di nuove tecnologie e prodotti al centro del proprio operare o
che semplicemente hanno intercettato meglio e prima di altri la richiesta di
una svolta green che veniva dai mercati.Un contesto, quello legato alle
prospettive di un nuovo corso con al centro la green economy, su cui convergono
i diversi soggetti chiamati nel rapporto a fornire la loro testimonianza, dando
cosi una grande prova di coesione che diventa importante coltivare per
rilanciare il sistema sociale ed economico della regione Emilia-Romagna.
E la strada ce la indica la stessa Commissione
Europea che, per raggiungere gli obiettivi di Europa 2020, lo scorso febbraio
ha adottato una apposita strategia per una bioeconomia sostenibile per
l’Europa.La strategia
prevede l’adozione di uno specifico Piano che si articola su tre assi
principali:o Lo sviluppo di ricerca, Innovazione e competenze a supporto della
Bio economiao Lo sviluppo ed il sostegno dei mercati e della competitività nei
settori delle bioeconomia o un maggiore coordinamento delle politiche
attraverso l’avvio di strumenti specifici (piattaforme, osservatori) e
occasioni strutturate di confronto tra i diversi soggetti coinvolti.L’Emilia-Romagna sta camminando, anzi correndo, in
questa direzione. Dal “Patto per la crescita intelligente, sostenibile
ed inclusiva” sottoscritto a novembre 2011 sino alla programmazione di settore
(dal Piano regionale triennale per l’Energia, sino al recente Programma delle
Attività Produttive e della Ricerca 2012-2015), la
green economy è un elemento portante delle nostre azioni, e fa parte di quel
cambiamento culturale verso una nuova idea di benessere e di qualità della vita.
Un cambiamento che costituisce ormai una condizione imprescindibile per
ridare slancio alla nostra industria manifatturiera: innovazione ecologica,
qualità ambientale, uso efficiente dell’energia e della materia. Un
quadro, quello della regione Emilia-Romagna, che come vedremo nelle pagine del
Rapporto, ha molteplici chiavi di lettura; il nostro territorio è pronto a
sfruttare non solo le opportunità legate alle energie rinnovabili ma dimostra
vivacità anche in settori tradizionali (filiera dell’abitare e agroalimentare)
pronti a interpretare correttamente l’esigenza di uno sviluppo maggiormente coerente
con la sobrietà dei consumi e con il principio della sostenibilità ambientale.
Rapporto 2012 La protezione
ambientale (ciclo rifiuti ).
La gestione integrata dei rifiuti e del ciclo idrico in
Regione In Emilia Romagna, nel 2010, la produzione totale di rifiuti urbani è
stata di circa 3 milioni di tonnellate, corrispondente ad una quota annua pro
capite di 698 Kg per abitante, in aumento del 2,4% rispetto al 2009. Il valore
così elevato deriva dalla significativa incidenza della quota di rifiuti
speciali assimilati agli urbani (che gravano per circa il 50% sulla produzione). Circa la
metà della produzione dei rifiuti urbani (circa 1.500.000 tonnellate,
corrispondenti al 50,4%) è stata raccolta in maniera differenziata,
pur ravvisandosi una marcata eterogeneità tra le diverse realtà locali in
termini di percentuali di “rifiuti differenziati”. Nel territorio regionale si
raccoglie soprattutto carta e cartone (83 Kg/ab), verde (80 Kg/ab), umido (48
Kg/ab), vetro (32 Kg/ ab), legno (30 Kg/ab), e plastica (23 Kg/ab). In termini
di frazioni merceologiche intercettate (percentuale di quanto raccolto in
maniera differenziata rispetto alla quantità che si presume essere presente nel
“rifiuto prodotto”) si rilevano i seguenti valori: verde e vetro 77%, legno
71%, umido 53%, metalli ferrosi e non 45%, carta e cartone 46%, plastica 25%.
Quanto raccolto in maniera differenziata viene avviato agli oltre 200 impianti
di recupero presenti sul territorio regionale per essere sottoposto a processi
e immesso nuovamente nel ciclo produttivo. La restante parte dei rifiuti urbani, non raccolta in
maniera differenziata (circa 1.500.000 tonnellate), trova collocazione in un
articolato sistema di impianti costituito da: 10 impianti di trattamento meccanico-biologico, 8 inceneritori con recupero energetico
(di cui uno per la combustione di CDR) e 15 discariche controllate.
Per una
completa lettura del rapporto 2012 vi invito a visitare il link:
rio20.cursa.it/allegati/green-economy-er-2012_20120517-094618.pdf
Questi sono fatti non parole. Saluti e buona domenica a tutti.
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