Ecco un documento
tratto dal dizionario Angius/Casalis “La Sardegna
paese per paese”. Vorrei far notare che nel censimento del 1833, si
parlava di un’aspettativa di vita dei Bororesi che non superava i sessant’anni (non credo che a quei tempi esistesse il tanto diffamato
impianto di termovalorizzazione di Tossilo), oggi il nostro paese vanta
la bellezza di diversi centenari, a conferma della salubrità dell’aria e dei migliorati
servizi a uso dell’intera comunità.
Bòrore: (Bòrore in
sardo[2]) è un comune italiano di
2.177 abitanti della provincia di Nuoro che
sorge a 399 metri sul
livello del mare ai piedi della catena del Marghine, nell'altipiano basaltico di
Abbasanta. È
anche conosciuto come il paese delle tombe di giganti (il
suo territorio ne ospita infatti otto, tra cui la tomba di
Imbertighe,
riprodotta in numerosi libri e riviste di archeologia), o anche come il 'paese
dal vino più antico del mondo' (in seguito alla scoperta di numerosi vinaccioli
datati al 1200 a.c.). Il territorio ospita, infatti, alcuni dei beni
archeologici più importanti e conosciuti a livello regionale, oltre all'unico
Museo del pane rituale della Sardegna.
Borore fa parte dell'Unione dei
comuni del Marghine,
del GAL Marghine e dei Borghi autentici d'Italia.
BORORE,
villaggio della Sardegna nella
provincia di Cuglieri, distretto di Bortigàli, tappa (ufficio d’insinuazione)
di Ghilarza. Apparteneva all’antico dipartimento del Màrghine, della provincia
Logudorese.
È situato nel pianoro di Màrghine,
onde resta esposto a tutti i venti. Componesi di circa 380 case, ognuna delle
quali ha annesso un orticello.
Le strade sono larghe, ed alcune
un po’ regolari.
Il clima è temperato, piove
sufficientemente, e talvolta vi nevica. Siede spesso sulle terre nebbia che
dura poco, ma che nuoce assai alle biade.
L’aria
non è molto salubre,
specialmente per cagione della palude Duos-nuràghes, e per certi siti umidi,
detti sas venas, prossimi
all’abitato.
Non vi si esercita alcun’arte
meccanica, che meriti considerazione. Le donne lavorano in 240 telai. Vendono
molto panno forese, e alcune pezze di tela.
La scuola normale è frequentata da
circa 30 ragazzi.
Comprendesi questo popolo nella
giurisdizione del vescovo d’Alghero.
La parrochiale è dedicata alla B.
Vergine assunta. Il rettor della medesima è servito da altri tre sacerdoti. Dai
frutti decimali potrà ricavare 3500 lire nuove. Vi sono quattro chiese
figliali, due nel paese, una appellata da s. Maria, altra dalla Vergine del
Carmelo; due nella campagna, che sono denominate da s. Gavino, e da s.
Lussorio. Di questo santo si celebra la festa addì 21 agosto, con corsa di
cavalli.
Il cimiterio è contiguo alla
chiesa di s. Maria, e resta fuor del popolato, dove però si inumano solo i più
poveri.
Dal
censimento parrocchiale dell’anno 1833, si rileva il numero delle anime essere
di 1820 in 375 famiglie. Nell’anno si sogliono celebrare circa 17 matrimoni,
nascono 50, muojono 35. La
vita di rado si produce oltre i 60. Dominano
le febbri d’estate intermittenti, d’inverno catarrali, le pleuritidi.
I bororesi sono gente pacifica,
laboriosa, affabile, e assai cortese coi forestieri. Nel carnevale si pigliano
i giovani molto piacere in correndo a cavallo per troncar il collo a una
gallina appesa “sa cursa de sa pudda”.
Nei funerali usasi tuttora l’attìto.
L’estensione territoriale è di
circa 8 miglia quadrate; la terra è tanto atta alla agricoltura, quanto alla
pastura. Si sogliono seminare 2000 starelli tra grano ed orzo, e si miete il
settuplo. Si semina poca quantità di fave. Non si curano molto gli orti, che si
hanno alle sponde del Rio-Kerbos, e non vi si coltiva altro, che zucche,
granone, e pomidoro. Il lino suol dare circa 1000 decine.
Le vigne vegetano bene, ma i vini
sono ordinarii, e degenerano. Vi sono alcuni oliveti, e poche specie e piccol
numero di piante fruttifere.
Tre quinti del territorio sono
occupati dai chiusi e dalle tanche, le
quali sono destinate alternativamente a pastura, e ad agricoltura.
Il bestiame appartenente ai
bororesi è delle seguenti specie, e nel 1833 era nei numeri notati per
ciascuna. Pecore 12000, numero minor del solito, e così ridotto dalla epizoozia
dell’anno antecedente; buoi da lavoro 400; vacche 900; porci 1000; giumenti 250;
cavalli e cavalle 360. In Bòrore educavasi prima una bella razza di cavalli, da
cui si sceglievano i migliori destrieri, che figuravano nelle solenni corse dei
campidani. Pare che qualcuno voglia ripigliar queste cure.
Il formaggio di Bòrore è di molta
bontà, e molto riputato tra i bosinchi, e lussurgiesi. La lana vendesi ai
primi, le pelli ai secondi.
Manca il selvaggiume, eccetto i
daini e le lepri. Sono assai frequenti le pernici; i passeri sono a folti
sciami.
In tutto il territorio sono tre
sole sorgenti considerevoli, una nel popolato, che poco si pregia; l’altra
all’estremità del medesimo, detta Puzzo, di
cui bevono la maggior parte; la terza, che è distante mezz’ora, dicesi d’Huòre,
e stimasi sopra la prenotata. Delle rimanenti nessuna merita menzione; n’è però
rimarchevole il gran numero, se non la copia dell’acque che versano.
Scorrono per queste terre due
ruscelli; uno è il summentovato di Kerbos o Riu-Kerbos, che proviene dai monti
di S. Lussùrgiu. Passa prima per la regione Kerbos, e fa la làcana (linea di
demarcazione) col lussurgiese; indi col norghiddese, fino al ponte Melchis
nella strada centrale. Segue ad esser limite tra Aidomaggiore, e Norghiddo;
poscia, traversate le terre di Tadasùni, entra nel Tirso. Il ruscello Huòre è
assai più piccolo, e di corso minore.
Sonovi molte paludi o terre
pantanose, dette enas o venas, o benas. La maggiore è vicina al paese in sito appellato
Duos-nuraghes; svanisce nell’estate. Copre una superficie capace di 50 starelli
di seminagione. Le altre sono Paùle Nivazi, Paùle Mariàni, Paùle Porcàrgius,
che insieme toglieranno all’agricoltura altrettanto terreno, quanto la prima.
Si annoverano ventidue norachi, i
più dei quali sono diminuiti di due terzi. V’hanno pure quegli altri monumenti
antichi, che volgarmente si appellano sepolture di giganti, con le pietre, che
altrove dicono late, e qui lunghe (vedi Barbagia – Monumenti antichi).
Questo comune entra nel feudo del
Marchesato del Màrghine. Per gli affari di giustizia si ricorre alla curia di
Macomèr, distante un’ora e un quarto. Per li dritti feudali, vediMàrghine.
BUONA PASQUETTA A
TUTTI.
Nessun commento:
Posta un commento