mercoledì 3 aprile 2013

REALTA' E DESIDERIO DI CAMBIAMENTO !







Meglio affrontare le cose con attivo realismo.
Ma dove porta la critica catastrofista dei vari comitati ambientalisti, degli «obiettori di crescita» contro il consumismo sfrenato. È vera la denuncia della scomparsa di tanti mestieri fondati sulla riparazione e sul riuso.
Ed è comprensibile il rimpianto del tempo antico, con le sue cose durevoli come i sentimenti. Ricordo anch'io con molta nostalgia e  con un filo di romanticismo chi risuolava le scarpe, chi riparava e rammendava ogni cosa; da noi c'era perfino chi riparava le sedie  usate... Ma quel che vale sul piano poetico vale anche sul piano economico e sociale? Qui risale l'aspetto utopico, l'idealizzazione di pratiche che avevano anche il loro rovescio e si inserivano in un modello di vita che oggi non sarebbe più accettato. E poi come si esce da questa società? Con la catastrofe con una guerra, c’è chi la vede come una fortuna: esplode la bolla finanziaria, crolla il sistema finanziario, finisce l'euro. Ma poi la catastrofe si abbatterà sulla vita reale dei popoli, e saranno dolori per tutti, a partire dai più poveri e più deboli, stessa trama di cose purtroppo già viste.
In secondo luogo la difesa dell'eco-sistema, tra green economy, riciclaggio e limitazione dei consumi, ha efficacia se questa diventa  una politica mondiale, altrimenti !
 Se Paesi enormi in crescita come la Cina o l'India si sottraggono decisamente a questi limiti, le imprese virtuose sono destinate alla sconfitta planetaria. Qui emerge il non detto o il detto in modo contraddittorio: per fronteggiare adeguatamente la corsa folle dei consumi e la devastazione del pianeta, occorrerebbe un governo mondiale unico e autoritario che nessuno vuole e che mai ci sarà. E questo inquieta. Non so se il gioco valga la candela... Ma questo ci riporterebbe nei paraggi della decrescita tanto auspicata dai “grillini”e dai “pseudoambientalisti” che alla fine non gioverebbe a nessuno per uscire da una crisi che ci attanaglia. Altrimenti non restano che risposte puramente locali a problemi che restano però mondiali; e poi class action, appelli e proteste circoscritte che portano solo al nulla e non risolvono i problemi ma al contrario non fanno altro che aumentarli.
O decidiamo di essere più realisti, pur con il rimpianto poetico del passato. O culliamo la speranza mistica che alla fine solo un dio ci potrà salvare.
A questo punto, meglio affrontare le cose con attivo realismo, fuori da utopie e ideologie ma anche fuori da inerzie e complici cecità che solo ipocritamente vogliamo davvero risolvere.

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